Lievito e intolleranza: evitare i test fai da te!

Su un fatto è bene fare chiarezza: l’intolleranza al lievito non esiste.

"Sono intollerante al lievito!" è una frase che si sente spessissimo. Ma la verità è che non si può parlare di intolleranza al lievito contenuto, per esempio, nei prodotti come pane e pizza.

E infatti non esistono test di autentica valenza scientifica in grado di diagnosticarla. Test come l’esame del capello, l’analisi delle citotossine e il test Dria non hanno alcuna comprovata serietà a livello medico, e non fanno che aumentare la confusione dei consumatori.

Su un fatto, dunque, è bene fare chiarezza:
l’intolleranza al lievito non esiste.

Le intolleranze alimentari sono solitamente causate da reazioni del sistema immunitario umano ad alcuni cibi oppure da difetti digestivi enzimatici. Esse comportano, nelle persone che ne soffrono e alle quali sono state scientificamente diagnosticate, disturbi cronici e ripetuti attribuibili ad un elemento contenuto nel cibo ingerito. Le più famose e diffuse intolleranze sono quelle al glutine e quelle al lattosio. Esse sono, tra l’altro, le uniche intolleranze definibili come tali, comprovate scientificamente.

Diversamente, alcuni cibi possono reagire con il nostro corpo accentuando situazioni di fastidio o dolore dovute a disturbi già in essere, non legati all’alimentazione. In questo caso la diagnosi del medico può aiutarci a comprendere le reali cause dei nostri fastidi senza dovere, per forza, rinunciare a qualcosa di buono per il resto della nostra vita.   

L’intolleranza al lievito non esiste 

Quando si parla di intolleranza al lievito, possiamo essere sicuri di essere in presenza di una notizia falsa o, quantomeno, non corretta! Il lievito solitamente utilizzato nella panificazione – Saccharomyces cerevisiae – è facilmente digeribile dall’uomo. Al punto che il lievito non è incluso nella lista di sostanze che potrebbero causare allergie e intolleranza, che per legge devono essere evidenziate in etichetta – secondo il Regolamento Europeo 1169/2011.  Nel processo produttivo, inoltre, le aziende sono tenute ad operare nel rispetto della normativa europea e a garantire che le proprie produzioni rispettino tutte le norme di buona fabbricazione senza andare contro la corretta informazione e la tutela della salute del consumatore. A garanzia di quest’obbligo, ogni azienda applica un efficace sistema di controllo per impedire che il lievito venga a contatto con altri alimenti che potrebbero contenere allergeni o altre sostanze come, ad esempio, tracce di glutine, evitando quelle che, in gergo professionale, vengono chiamate “contaminazioni crociate”. 
Tornando alla questione intolleranze, per completezza vogliamo segnalare che benché di intolleranza al lievito non possa propriamente parlarsi, non è escluso che in determinate e specifiche circostanze di particolare sensibilità, le numerose proteine contenute nel lievito possano acuire fastidi già esistenti. È bene comunque sottolineare che si tratta di un’eventualità rara, non legata all’alimento in sé e che è sempre bene consultare un medico specialista per una diagnosi puntuale.   

I miei sintomi sembrano quelli di un’intolleranza. Che faccio?  

Consumare pietanze lievitate o fermentate potrà comunque provocare sintomi molto simili a quelli dell’intolleranza, quali gonfiore, affaticamento, diarrea o stitichezza e meteorismo. Si tratta però di fastidi transitori. Se invece questi non sembrano voler scomparire, è più probabile che il colpevole sia un’eventuale malattia intestinale cronica, piuttosto che un’intolleranza. E se neppure questa è la giustificazione del vostro malessere, altri possibili responsabili potrebbero essere un cattivo processo di lievitazione durante la fase di preparazione, quando, per velocizzare il procedimento non vengono rispetti i tempi necessari, oppure la presenza di ulteriori elementi nell’impasto che potrebbero, in determinate condizioni, provocare i disturbi digestivi appena citati.  
Se, con test specifici, si riescono a escludere allergie al grano e all’alfa-amilasi, che è uno degli enzimi che possono essere utilizzati nel processo di panificazione, a questo punto la cosa migliore da fare è fissare un appuntamento con il proprio medico, meglio se gastroenterologo, che vi saprà dire se soffrite di possibili malattie intestinali croniche. Dopodiché, la decisione più sensata sarà quella di consumare solo alimenti in cui il processo di lievitazione, avvenendo con le tempistiche adeguate, avvenga grazie ad organismi viventi – i saccaromiceti principalmente – che lavorano più lentamente e garantiscono così una maggiore digeribilità del cibo. Andrebbe in ogni caso assolutamente evitata l’esclusione totale di pietanze lievitate e di cibi fermentati dalla propria dieta. Tale scelta, infatti, potrebbe abituare l’organismo a un’alimentazione scorretta e squilibrata, non giovando certo alla salute del proprio intestino.  

Che cos’è la disbiosi intestinale?  

I fastidi che proviamo a seguito del consumo di lievito dipendono da un fenomeno detto “disbiosi”, che di fatto è un’alterazione della flora batterica contenuta nel nostro intestino. Ciò avviene a seguito di cure a base di antibiotici, durante periodi particolarmente stressanti o per un abbassamento delle nostre difese immunitarie. Anche il fumo, il consumo di alcool e una vita molto sedentaria possono fare del male alla nostra pancia e ai suoi microscopici inquilini.  Questa alterazione provoca un aumento del fungo Candida Albicans, normalmente presente nel nostro organismo, ma che in quantità eccessive può provocare disturbi molto simili ai sintomi di un’intolleranza.

Molte persone ne soffrono e molto spesso si rivolgono ai test fai-da-te di cui si è già parlato, sperando di trovare una risposta e una soluzione definitiva ai propri disturbi. Purtroppo, non va sempre così, e si ritrovano quindi ancora più confusi e con un intestino sempre più irritato. Questi ultimi, infatti, suggeriscono molto spesso di escludere intere categorie di alimenti dalla propria tavola, finendo per abituare i nostri stomaci a diete sempre più povere e malsane.  

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