Il lievito ha fatto crescere la nostra cultura

Gran parte della nostra cultura alimentare si basa proprio sull’utilizzo del lievito. Pane, pizza, birra e vino ecco cosa significa lievito.

Vi siete mai chiesti come sarebbe la nostra vita senza lievito?

La risposta probabilmente è no e questo semplicemente perché vi sembra assurdo che un organismo così piccolo possa aver avuto un ruolo tanto importante nello sviluppo della nostra cultura alimentare: una cultura basata a tutti gli effetti sulla fermentazione, ovvero sul processo biologico attraverso cui viene trasformata l’energia contenuta nello zucchero. Il gusto e la schiuma della birra, l’aroma del vino, la morbidezza, la consistenza e il profumo del pane, sono solo alcuni dei piaceri sensoriali del mangiare e del bere che in un mondo senza lievito non potremmo più avere.

Le radici del legame tra bevande, cibo e lievito sono da ricercare nell’antichità, quando, si iniziò a godere inconsapevolmente dei suoi benefici.

La produzione della birra, infatti, ebbe inizio già in Mesopotamia grazie alla scoperta da parte dei Sumeri degli effetti che il lievito era in grado di produrre in termini di fermentazione alcolica dei cereali e di esaltazione del sapore. In questo periodo nacquero quindi i primi birrifici e la professione di mastro birraio. Inoltre, accanto a una produzione su larga scala iniziò anche la produzione domestica della birra.
Un processo quindi che inizialmente era stato innescato in maniera del tutto fortuita e casuale ma che l’uomo poi è stato in grado di riprodurre in base alle sue necessità e in seguito di impadronirsene, rendendo così il lievito il più antico microorganismo “addomesticato”. Questo fu un passaggio fondamentale nella cultura alimentare, poiché segnò il momento in cui l’uomo iniziò a produrre a tutti gli effetti il suo cibo, uscendo quindi dallo “stato selvaggio”. Il pane, in particolare, come simbolo di civiltà e di capacità di sfruttare la natura per le proprie esigenze accrebbe così tanto la sua importanza che già Omero si riferiva agli uomini come ai “mangiatori di pane”.

È nell’Antico Egitto, e sempre per caso, che si scopre l’azione del lievito sul pane.

Si notò infatti che l’impasto di farina e acqua, lasciato a riposare, aumentava miracolosamente sia il suo volume che la sua morbidezza. Ben presto si scoprì che più che di un miracolo si trattava del processo naturale di interazione tra l’impasto preparato dall’uomo e il Saccharomyces cervisiae, naturalmente presente nell’ambiente. Farina, acqua e lievito costituivano gli elementi di base di quella che oggi chiamiamo “pasta madre”. Il cambiamento fondamentale, poi, si aveva con la cottura dal momento che, grazie al lievito, il pane acquisiva effettivamente un sapore migliore e più intenso, diventando allo stesso tempo anche più soffice e digeribile. Nello stesso modo in cui nacque la professione del birraio, arrivò quindi quella del fornaio e il pane, nelle sue molteplici versioni e forme, si affermò proprio in quegli anni come uno degli alimenti principali della dieta dell’epoca.

Il legame tra birra e pane non è casuale.

L’invenzione a distanza di un tempo molto breve è dovuta al fatto che entrambi i prodotti nascono dalla fermentazione e dalla lievitazione dei cereali, anche se ovviamente vengono poi sottoposti a un processo di lavorazione differente.
Questa spontaneità caratterizzò anche la nascita del vino. Sugli acini dell’uva, infatti, attecchiscono e crescono una molteplicità di cellule di lievito che vengono trasportate dal vento e dagli insetti e sono poi trattenute dalla pruina, la sostanza cerosa presente sull’acino che gli conferisce il caratteristico colore bianco. Proprio questi lieviti furono i protagonisti del primo processo di fermentazione del mosto, fondamentale per definire le caratteristiche del vino in termini di gusto.

Sia nel caso della produzione del pane che del vino e della birra, l’uomo scoprì “in natura” gli effetti della lievitazione. L’utilizzo inconsapevole era possibile, infatti, dal momento che il lievito si trova in basse concentrazioni un po’ dovunque e in particolare dove c’è una fonte di zucchero, in questi casi l’amido della farina o lo zucchero dell’uva, che viene trasformata, fermentando appunto, in alcol e anidride carbonica. Alcol che nel processo di panificazione evapora lasciando il ruolo da protagonista all’anidride carbonica responsabile del processo di lievitazione dell’impasto e dei piccoli buchi che ritroviamo poi nella mollica.
Sia nel caso della produzione del pane che del vino e della birra, l’uomo scoprì “in natura” gli effetti della lievitazione. L’utilizzo inconsapevole era possibile, infatti, dal momento che il lievito si trova in basse concentrazioni un po’ dovunque e in particolare dove c’è una fonte di zucchero, in questi casi l’amido della farina o lo zucchero dell’uva, che viene trasformata, fermentando appunto, in alcol e anidride carbonica. Alcol che nel processo di panificazione evapora lasciando il ruolo da protagonista all’anidride carbonica responsabile del processo di lievitazione dell’impasto e dei piccoli buchi che ritroviamo poi nella mollica.

La scoperta scientifica della “magia del lievito” si ebbe però solo nell’Ottocento.

Grazie all’utilizzo del microscopio, infatti, lo scienziato Pasteur capì la natura del lievito in quanto organismo vivente, divenendo poi in grado di osservare e studiare sia il processo della fermentazione sia gli effetti benefici che ha sugli alimenti, grazie all’analisi dell’azione dei saccaromiceti, minuscoli organismi. Da questo momento prese avvio quindi una nuova era in termini di produzione del pane, della birra e del vino.

Il lievito ha fatto crescere
la nostra cultura

Quel miracolo
chiamato lievito

Il lievito si coltiva,
non si fa

Melasso: come nasce
il lievito

Domande & risposte

Chiedi, ti rispondiamo.

SCOPRI DI PIÙ

Domande ricorrenti.

SCOPRI DI PIÙ

Chi è Assitol?

SCOPRI DI PIÙ