Quel miracolo chiamato lievito

Forse non gli avete dato mai la giusta importanza ma il lievito è uno dei più antichi alleati della nostra salute e, soprattutto, del nostro cibo.

Saccharomyces cerevisae, è chiamato in gergo scientifico il lievito da zuccheri, lievito di birra o, semplicemente, lievito!

È a tutti gli effetti un essere vivente, un ingrediente chiave di buona parte della dieta mediterranea, responsabile della fermentazione di moltissime varietà di vino e birra, nonché componente di buona parte degli integratori presenti in commercio.
Il lievito di birra è infatti considerato un alleato per migliorare l’aspetto della propria pelle, dei propri capelli e persino delle proprie unghie, nonché un modo semplice e veloce per fare il pieno di vitamina B.

Il Saccharomyces cerevisae, un miracolo racchiuso in un’unica cellula!

Quello che chiamiamo lievito e che quasi quotidianamente utilizziamo nelle nostre cucine, è un organismo unicellulare eucariota, che appartiene al regno dei funghi e prende letteralmente vita da un sottoprodotto di origine agricola, il melasso. È, infatti, il risultato di un processo del tutto naturale, ovvero la fermentazione dello zucchero, ed è per questo che a livello tecnico sarebbe più corretto parlare di “coltivazione” del lievito, più che di “produzione”. Nulla di più lontano da un fenomeno artificiale, insomma. Invisibile all’occhio umano, è presente in altissime quantità nel cosiddetto “panetto di lievito”: basti pensare che in un solo grammo sono contenuti circa 10 miliardi di questi organismi viventi.

Il Saccharomyces cerevisae è praticamente ovunque!

Se c’è una fonte di zuccheri, che siano complessi o semplici, molto probabilmente troverete queste microscopiche e laboriose forme di vita. Questo dono dell’ubiquità è con ogni probabilità il motivo per cui bevande fermentate come la birra e il vino sono arrivate fino a noi. A tutti gli effetti “scoperti”, per caso, svariate migliaia di anni fa, questi alcolici sono il risultato di un processo anaerobico – in assenza di ossigeno- di fermentazione, durante il quale i lieviti trasformano gli zuccheri in etanolo e anidride carbonica. Dobbiamo ringraziare proprio l’anidride carbonica per il nostro pane, per i nostri vini o per i nostri boccali di birra.

Un miracolo di vitalità, da conservare correttamente

Per queste sue caratteristiche intrinseche, è necessario preservarne le qualità e il potere lievitante, soprattutto in fase di conservazione, non dimenticando che il lievito per panificazione è un prodotto estremamente sensibile alle variazioni di temperatura, e va conservato in condizioni ambientali ottimali, evitando sbalzi termici.  

In commercio, il lievito per panificazione si trova come lievito fresco, compresso in panetti, caratterizzato da un’umidità pari a circa il 70%, e come lievito secco, in forma di polvere, derivato dalla disidratazione del prodotto a basse temperature, con un’umidità pari all’8%.

È facilmente deducibile che le modalità e le tempistiche di conservazione dei due tipi di lievito variano in linea con le loro caratteristiche.
In generale, il lievito per panificazione fresco predilige le temperature basse che permettono al prodotto di conservare le sue caratteristiche intrinseche e il suo potere lievitante ottimale per tutta la durata della sua “shelf-life”, indicata in circa un mese. La conservazione a temperature più alte di quelle consigliate danneggia il prodotto, limitandone l’efficacia e riducendone il tempo di conservazione.

Per tali ragioni, in casa o in laboratorio, è opportuno conservarlo ad una temperatura di circa 6 gradi o comunque ad una temperatura che varia da un minimo di 0 a un massimo di 10 gradi, rispettando i tempi di scadenza indicati in etichetta.

Sconsigliata, dunque, la conservazione in congelatore del prodotto in quanto, una volta scongelato, esso perderebbe la sua forza lievitante originaria dato che il processo di congelamento/scongelamento comprometterebbe le qualità del lievito stesso.
Differentemente dal lievito fresco, il lievito secco è più facilmente gestibile in condizioni atmosferiche caratterizzate da temperature più alte (ad esempio in estate) e ha una durata maggiore. Esso, confezionato sottovuoto o in atmosfera protettiva, può durare fino a due anni prima dell’apertura della confezione, quando non sia prevista una fase intermedia di ri-confezionamento per la vendita con marchio di un’azienda diversa da quella produttrice. In quest’ultimo caso, infatti, la fase intermedia riduce il tempo di conservazione.

Anche nel caso del lievito secco, comunque, per preservare le sue caratteristiche e la sua efficacia è importante la conservazione in condizioni ottimali, cioè in luoghi asciutti e temperati.

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